Il ciclo del fosforo nell'acquario marino PDF Stampa E-mail
Scritto da Antonio Zofrea   
Venerdì 28 Gennaio 2011 23:38

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Un'articolo di Antonio Zofrea sulla complessità del ciclo del fosforo nell'acquario marino. 

In natura e nell’acquario marino - Il fosforo si trova in natura come alogeno-fosfato di calcio, l’apatite: Ca3(PO4)2· CaX2  ( X= F,Cl)    (1)  Questo minerale è il  costituente delle rocce fosfatiche che rappresentano il comparto di riserva di questo indispensabile elemento insieme ai sedimenti marini insolubili, proprio questi “magazzini naturali”costituiscono la fase prevalente dell’omonimo ciclo.

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Attraverso il dilavamento, operato dalle piogge, il fosfato si diffonde nei suoli e nei fiumi, dove la microflora lo assimila legandolo a molecole organiche (organicazione) e rendendolo adatto all’assorbimento da parte degli autotrofi. Il processo più conosciuto di trasformazione del fosfato minerale in fosfato organico è la fosforilazione.

Fosforilazione

Meccanismo di assimilazione del fosforo usato dalle cellule viventi che consiste nella combinazione del fosfato con un residuo organico, il composto risultante può essere così rappresentato: 

R—O—PO3--

Il gruppo R può essere un amminoacido, uno zucchero, una catena idrocarburica o un altro tipo di gruppo organico. L’organicazione del PO4--- è fondamentale per la vita di ogni organismo vivente.

Fosfato nella catena alimentare

Una volta assimilato dagli autotrofi (piante, alghe…etc.) il fosfato si “dirige” verso gli eterotrofi (animali) entra così nella catena alimentare; gli animali lo restituiscono al suolo tramite i resti del metabolismo e attraverso la decomposizione di materia organica morta. Il fosforo organico contenuto nei detriti viene mineralizzato dai microrganismi con ritorno a PO4---, una parte di quest’ultimo precipita come sali poco solubili che si accumulano come “comparto di riserva” nel suolo.

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Fosfato nelle acque marine

Attraverso l’azione erosiva delle piogge i fosfati vengono trasportati nei fiumi, quindi arrivano nei mari e negli oceani. Una parte di essi viene “organicata” e assimilata da fitoplancton e dalle alghe superiori entrando di fatto nel primo stadio della catena alimentare marina; così dal fito allo zooplancton, dalle alghe superiori agli organismi alghivori arriva ai pesci. Una piccola parte di fosforo viene restituita al suolo dagli uccelli marini (ittiofagi) sotto forma di deiezioni (guano). I microrganismi poi mineralizzeranno il fosforo organico dei depositi di guano riportandolo a PO4---. Un aspetto importante di questo ciclo nelle acque marine è la deposizione nei sedimenti : come abbiamo accennato, solo in minima parte il fosforo che raggiunge i mari ritorna sulla terraferma, grandi quantitativi invece trovano le condizioni chimico-fisiche per precipitare sotto forma di apatiti (1), le acque marine sono stratificate, a causa del diverso gradiente di densità, quelle più dense, più fredde e a maggior contenuto di sali tendono ad accumularsi sul fondo portando così fosfati insolubili nelle profondità marine; le correnti depositano i sedimenti di fluorofosfato di calcio sulle piattaforme continentali.

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Peculiarità del ciclo del fosforo

Il ciclo del fosforo presenta alcune caratteristiche peculiari:

  • A differenza del ciclo dell’azoto il chimismo del ciclo del fosforo è meno complesso, il fosfato viene assimilato dagli organismi viventi senza che vari il suo numero di ossidazione (+ 5), sia nell’organicazione che nella mineralizzazione non subisce reazioni  di ossido –riduzione. Questo accade anche nelle trasformazioni che avvengono a livello cellulare in cui il legame del fosfato con altri gruppi viene utilizzato come fonte energetica.

Nel ciclo dell’azoto invece sono ben note le reazioni redox:

NH3/NH4+ Þ NO2- Þ NO3-Þ N2

 

  • La deposizione nel suolo e nelle profondità marine fa si che il ciclo del fosforo sia “aperto”, cioè la quantità di fosforo che si accumula nei sedimenti marini è superiore a quella che “ritorna” sulla terraferma.

Nel ciclo dell’azoto invece il prodotto finale della nitrificazione il nitrato (NO3-) può subire reazioni inverse da parte di particolari ceppi batterici che lo trasformano in ammoniaca o in azoto molecolare (N2) che ritorna nell’atmosfera, tale processo impoverisce l’ambiente di ione nitrato. Questo processo di “accumulo”dovrebbe farci riflettere circa le quantità crescenti di fosforo che vengono immesse nell’ambiente dalle attività umane, in particolare con fertilizzanti e detersivi.

 

  • Si tratta di un ciclo sedimentario cioè la principale fonte di diffusione di questo elemento in natura sono i depositi di un suo sale: l’apatite.

Non vi è infatti in natura fosforo sotto forma elementare (P4) in quanto è molto reattivo e si ossida facilmente, mentre una fonte di azoto , che entra nel ciclo omonimo, è la sua forma biatomica elementare: l’N2 atmosferico, fissato chimicamente o da microrganismi. Quindi il composto del fosforo più presente in natura è lo ione PO4--- , molto stabile,   iniziatore del ciclo.

 

 

Ciclo del fosforo nell’acquario marino 

Il ciclo del fosforo è di grande interesse per l’acquariofilo in genere, marino in particolare, poiché, in analogia a quanto succede in natura, presenta anche in acquario il fenomeno dell’accumulo, deleterio per tutti gli organismi marini.

Fonte di fosfato nel nostro “mini-ecosistema casalingo” sono:

  • I resti dell’alimentazione, sia cibo fresco che secco.
  • La decomposizione di organismi morti e degli scarti metabolici.

L’accumulo di fosfato (organico e inorganico) in vasca è abbastanza veloce e l’azione dei microrganismi provvede a mineralizzarlo in tempi brevi.  Una volta trasformato in ortofosfato, al pH tipico degli acquari marini (8,4) esistono le seguenti forme:

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Il quantitativo di ortofosfato (in media) nell’acqua marina naturale è 0,005 mg/l, sale a 0,03 mg/l in condizioni di saturazione ma è tenuto sotto controllo da fitoplancton e macroalghe e assorbito (in forma organica) da alcuni organismi marini , l’eccesso sedimenta in profondità; in acquario abbiamo di solito quantitativi superiori a quelli riscontrabili in natura, in alcuni casi anche il fondo usato (alcuni tipi di sabbia corallina) e le rocce vive possono rappresentare un “magazzino di deposito” di Ca3(PO4)(2). Bisogna quindi mantenere un PH superiore a 8 per evitare che ritorni in soluzione.  L’uso di acqua calcarea ( Ca(OH)2 + acqua di osmosi) per lunghi periodi, come reintegratore di calcio, può aiutare nell’eliminazione del fosfato facendolo precipitare come sale nella forma (2):

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Tuttavia è stato provato che la deposizione non è quantitativamente rilevante per ragioni di cinetica chimica.

 

Chimica del fosfato e metodi di gestione dell’acquario marino

A differenza dell’azoto , la cui chimica in acquario può variare a seconda dei metodi di gestione, le trasformazioni del fosforo sono equivalenti in tutti i tipi di tecniche usate, al momento, per gestire un acquario marino; in sintesi i passaggi chimici cruciali sono l’organicazione e la mineralizzazione , anche se i meccanismi di tali trasformazioni all’interno delle cellule di organismi marini e batteri sono ancora poco conosciuti. I processi possono essere schematizzati come segue:

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Quello che differenzia invece i vari metodi è la capacità di asportazione di questo nutriente; alcune tecniche, meglio di altre, consentono di ridurre efficacemente la concentrazione di fosfato in acquario. Nel metodo Berlinese ad esempio si è sperimentata l’aggiunta giornaliera di una fonte di carbonio (alcool etilico, glutammato o altro) per fornire ai batteri anaerobi denitrificanti un donatore di elettroni che consenta la riduzione del nitrato NO3- a N2 (nella reazione di denitrificazione vi è un passaggio di elettroni dal composto del carbonio usato al nitrato) chiudendo così il ciclo dell’azoto; si tratta del cosiddetto “metodo Vodka”. Monitorando giornalmente i nutrienti in vasca, durante l’applicazione di questo metodo, si è riscontrata, oltre ad una diminuzione del nitrato, anche quella del fosfato. Il meccanismo di assimilazione del PO4--- da parte dei batteri anaerobi responsabili di tale processo non è ancora chiaro, mentre è ben conosciuto il meccanismo della reazione NO3-Þ N2. Aspetti importanti da considerare per spiegare l’efficienza del metodo “Vodka” nell’asportazione di questi nutrienti sono :qualità e la quantità di rocce vive e temperatura:

 

  • Qualità e quantità delle rocce vive: Non è una casualità che i migliori risultati con questo tipo di gestione siano stati raggiunti in abbinamento col Berlinese: Le rocce vive sono tante (1 kg ogni 5 l di acqua marina) e la particolare porosità che le contraddistingue consente la creazione di aree con condizioni chimico-fisiche-biologiche diversificate: al loro interno zone con basso tenore di ossigeno e nella parte più esterna zone aerobie, questo determina processi di mineralizzazione (a carico dei batteri aerobi) e assimilazione di nutrienti (a carico dei batteri anaerobi) in condizioni di prossimità, creando un meccanismo tipo “catena di montaggio” molto efficiente nella rimozione di nitrati e fosfati.

      Il tutto è accelerato dall’aggiunta di alcool etilico o altra fonte di carbonio.

  • Temperatura: La crescita di svariate popolazioni batteriche che trasformano i prodotti di scarto è maggiore in un intervallo di temperature di 24-27 °C, questo è un fattore importante che determina una maggiore o minore efficienza nell’asportazione di fosfato e nitrato. Si spiegano così, in parte, le difficoltà di applicazione del metodo Berlinese (e quindi della variante “Vodka”) nelle vasche mediterranee, di solito refrigerate a temperature di 18-20° C.

Un altro metodo moderno, riservato però ancora ad acquariofili molto esperti, consente di sfruttare le capacità di filtrazione di alcuni organismi marini (poriferi) che assimilano il particolato contenente fosforo organico prima cha venga mineralizzato, riducendo così drasticamente la concentrazione di ortofosfato. È il caso del metodo di S.Tyree che usa riservare una parte della vasca all’allevamento intensivo di spugne, questa zona è detta “zona criptica”, è separata da un setto dal resto dell’acquario in modo che i poriferi  non vengano disturbati da altri organismi, è buia e possiede un movimento dell’acqua molto lento; questo metodo attualmente è uno dei pochi (insieme al “Miracle Mud”) in cui sia “vietato”usare lo schiumatoio che asporterebbe il particolato organico cioè il “nutrimento” delle spugne.

Gli acquari marini gestiti con filtri di tipo biologico interno e percolatore, almeno quelli che si trovano attualmente in commercio, non consentono purtroppo l’insediamento dei ceppi batterici anaerobi che abbiamo prima mensionato; sono filtri fortemente ossidanti che facilitano l’accumulo in tempi brevi di grandi concentrazioni di fosfato; un valido aiuto per le vasche gestite con questo tipo di filtraggio sono resine che assorbono selettivamente il fosfato, lo schiumatoio, il refugium ad alghe.

 

  • Refugium ad alghe: Se adeguatamente dimensionato consente una buona riduzione del fosfato inorganico ma anche dei residui dell’azoto, oltre ad consentire lo sviluppo di piccole forme di vita che possono alimentare pesci e invertebrati della vasca principale, aumentando la biodiversità generale dell’acquario.

La massima e più moderna evoluzione del Refugium è il metodo “Ecosystem” in cui come substrato per la crescita di macroalghe si usa il “Miracle Mud” la “fanghiglia miracolosa” brevettata dal Dottor Leng Sy, con questo tipo di “filtro ad alghe” si ottengono ottimi risultati in termini di assorbimento di nutrienti. Il particolare fango, rispetto alla classica sabbia corallina fine, rilascia oligoelementi utili alla crescita di pesci e invertebrati, contiene una miriade di piccoli organismi che vengono liberati sotto forma planctonica nella vasca principale, possiede inoltre elementi nutritivi mirati a una crescita “esplosiva” di alghe che riducono notevolmente la concentrazione di nutrienti (nitrato e fosfato) in acqua.

  • Schiumatoio: Non consente l’eliminazione diretta dell’ortofosfato inorganico poiché questo non si può legare all’interfacia aria-acqua nella camera di contatto (lo ione fosfato è una molecola elettricamente carica e non possiede parti apolari), ma riesce ad asportare le forme organiche del fosforo, inoltre aumenta lo scambio gassoso e contribuisce quindi a mantenere un PH elevato impedendo la dissoluzione del fosfato di calcio eventualmente depositato.
  • Resine ad assorbimento selettivo: Sono molto efficaci soprattutto se usate con gli appositi filtri, quelle di nuove concezione , a base di ossido di ferro, limitano notevolmente il rilascio di sostanze indesiderate.

 

Schematizzazione del ciclo del fosforo nell’acquario marino

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Il fosforo è un elemento fondamentale per le seguenti funzioni:

  • Viene utilizzato in tutte le trasformazioni dove si scambia energia a livello cellulare (ATP)
  • È un costituente di tutte le catene di nucleotidi (DNA, RNA)
  • Si trova nel tessuto nervoso, nelle ossa, e fa parte della struttura delle membrane cellulari di tutti gli esseri viventi.

Il fosforo entra in circolo per azione erosiva degli agenti atmosferici che riescono a solubilizzare le apatiti.

 

 

Antonio Zofrea

 

 


Non ripubblicabile senza il consenso dell'autore

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 17 Ottobre 2014 21:39
 

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