Un'esperienza con la Posidonia oceanica PDF Stampa E-mail
Scritto da Michele Abbondanza   
Mercoledì 07 Aprile 2010 23:03

 Un'esperienza con la Posidonia oceanica

Prima stesura il 27.ottobre.2004 - ultimo aggiornamento 10 febbraio 2005 - revisione su testo e foto 7.maggio.2010

 

 

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Questo documento illustra le mie esperienze, e di alcuni amici, sulla germinazione dei semi di Posidonia oceanica in acquario. Il documento non è di rigore scientifico almeno per la parte delle mie osservazioni. Ho voluto integrare le mie osservazioni anche con alcune precisazioni circa la Posidonia oceanica tratte da volumi in commercio ben evidenziando l’autore.

Premessa:

Quest’articolo è il risultato di otto mesi di osservazioni. Tratta delle osservazioni in vasca della germinazione dei semi di Posidonia oceanica. L’articolo è assolutamente amatoriale e non vuole in nessun caso essere un’elaborato scientifico. Per integrare l’articolo ho voluto integrare il documento con testi tratti da volumi in commercio e studi  universitari. L’autore è sempre citato. In questo modo spero di comunicarvi l’importanza e la bellezza del fantastico mondo della prateria di Posidonia oceanica.

 

Introduzione. Cos’è la Posidonia oceanica:

La Posidonia oceanica è una pianta marina ed è endemica del Mar Mediterraneo. Non è un’alga come a volte si legge, appartiene alle fanerogame marine che nel Mediterraneo sono rappresentate da cinque specie differenti. Posidonia oceanica, Zostera noltii, Zostera marina, Cymodocea nodosa e Halophila stipulacea. Quest’ultima è stata introdotta nel nostro mare di recente, viene quindi considerata una specie aliena.

Tranne la Halophila stipulacela le altre fanerogame sopra riportate sono protette. Sono infatti inserite tutte nella Convenzione di Berna allegato I, Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa (Berna) “Specie di flora rigorosamente protette”. E nella Convenzione di Barcellona allegato II, relativo alle zone particolarmente protette e alla diversità biologica nel Mediterraneo, protocollo ASPIM, “Specie in pericolo o minacciate”.

 Per chi volesse saperne di più circa le convenzioni di protezione suggerisco di leggere l’articolo che è reperibile sul sito aiam: "in allestimento"

Credo che il primo incontro che tutti noi abbiamo avuto fin da piccoli con la Posidonia oceanica sia stato sulle spiagge frequentate durante le vacanze. Allora non immaginavamo certo che quelle palle brune ritrovate sulle spiagge, compagne di tanti giochi, sono il composto più resistente che viene compattato con il movimento delle onde e dall’incessante lavorìo del vento. Il prodotto così trasformato prende il nome di “egagropili” (Mojetta, 2002). 

La Posidonia oceanica è organizzata in radici, fusto o rizoma e foglie e come tutte le piante genera fiori e frutti nel periodo che va dalla primavera alla fine dell’estate. I fiori sono prodotti dalla pianta da settembre a novembre ed esiste, lungo le coste francesi, uno sfasamento temporale della fioritura tra le piante del limite superiore e del limite inferiore che arriva fino a due mesi. Si suppone dovuto al gradiente luminoso e termico presente alle diverse profondità (Bedini, 2004). I frutti per essere maturi richiedono un periodo di tempo che varia da sei mesi fino a nove. I frutti sono chiamati comunemente “olive di mare” una volta libere dalla pianta madre galleggiano sulla superficie dell’acqua trasportati lontani dalle onde e dal vento. La parte che ricopre il seme è detta “pericarpo”, una sorta di protezione del seme vero e proprio, abbastanza succosa all’interno e più dura proprio come un’oliva all’esterno. Il pericarpo assolve a funzioni sia di galleggiamento che di protezione verso i raggi del sole. Una volta che questo si deteriora il seme cade sul fondo dando origine ad una nuova pianta.

Purtroppo i frutti non hanno cadenza annuale e questo tipo di riproduzione pare sia molto più raro della propagazione vegetativa. Almeno per quanto riguarda gli studi effettuati negli ultimi decenni.

Il fondale su cui si insedia la Posidonia oceanica è in genere sabbioso e con una granulometria che varia da fine a medio-fine. L’intervallo di temperatura in genere è tra i 10° e i 28°C, e servono condizioni di particolare limpidezza delle acque mentre non tollera variazioni di salinità (Bedini, 2004).

La prateria di Posidonia oceanica può modificare in modo sensibile il fondale. La causa di questa modifica risiede nel fatto che la pianta riesce con i rizomi a superare il livello di sabbia che si instaura, sempre più alto, durante le mareggiate. Quindi oltre ad uno sviluppo orizzontale abbiamo anche uno sviluppo verticale. Gli intrecci di rizomi e radici prendono il nome di “matte”. Inoltre le lunghe foglie della Posidonia Oceanica riducono in maniera a volte sensibile l’idrodinamismo proprio del moto ondoso.

Una curiosità è data dal fatto che le foglie di Posidonia oceanica non vengono mangiate che da poche specie. E‘ probabile che questo sia dovuto al fatto che le foglie contengono cellulosa che le rende poco appetibili. Il Paracentrotus lividus sminuzza i margini, la Sarpa salpa lascia tagli a semicerchio, l'isopode Idotea hectica strappa le punte (Mojetta, 2002).

Alcuni autori riportano dei numeri abbastanza significativi delle proprietà della prateria. Per esempio le formazioni delle “matte” sono un processo abbastanza lungo e richiedono circa 10 anni per colonizzare un metro quadrato di substrato (Boudouresque e Meiinesz 1982 - Pirc, 1983). Le  ”matte” possono raggiungere un’altezza, in alcune aree del Mediterraneo, di cinque o sei metri il che fa presupporre la loro età, circa otto secoli (Molinier e Picard, 1952 – Gazzella et al., 1986). La produzione d’ossigeno di una prateria è stata stimata in quattordici litri al giorno per metro quadrato (Boudouresque e Meinesz, 1982). 

Oggi le praterie di Posidonia oceanica soffrono del degrado ambientale e dell’inquinamento delle acqua del Mediterraneo. Le regressioni sono documentate (Meinesz e Lefevre, 1978 – Aster, 1984 – Peres, 1984 -  Bourcier, 1989) e visto il ruolo ecologico svolto si è ritenuto, nelle sedi appropriate, di salvaguardare le praterie attraverso una speciale regolamentazione, citata all’inizio dell’articolo.

Per un’ulteriore approfondimento sulla biologia della posidonia è possibile leggere l’articolo di Luca Colutta: clicca su questo testo.  

I trapianti di Posidonia oceanica in mare:

(Testi di Francesco Cinelli elaborati da Ilaria Gonelli)

Le metodologie di trapianto sono di due tipi: senza ancoraggio e con ancoraggio.

Senza ancoraggio:

  1. piante libere dal sedimento con rizoma coperto di sedimento
  2. piante con sedimento poggiate sul fondo
  3. piante con sedimento sistemate in una buca
  4. piante singole in contenitori biodegradabili messe sul fondo (scarsi risultati)

Con ancoraggio:

  1. piante singole fissate su tubi o pali da costruzione
  2. piante singole ancorate mediante mattoni
  3. piante singole o fasci fissati a reti metalliche
  4. piante singole fissate con tutori infissi nel substrato.

 

L’impiego di una metodologia rispetto ad un’altra dipende dal tipo di fanerogama e dal substrato. Su matte morta di Posidonia oceanica si possono utilizzare le griglie.

Il  materiale per il trapianto può essere vegetativo, quindi talee (che sono porzioni di fusto o di rizoma, portanti radici con uno o più fasci fogliari  liberate da sedimento) o zolle (in questo caso è presente il sedimento) oppure materiale sessuato quindi semi e/o germogli (di solito si usano i germogli per evitare le fasi più delicate dello sviluppo) oppure protoplasmi che sono cellule indifferenziate che provengono dalla pianta stessa messa in coltura. Il  metodo dei protoplasmi sarebbe il migliore ma è difficile ottenere questo tipo di materiale e soprattutto farlo sviluppare.

In Mediterraneo per Posidonia oceanica si utilizzano metodi di ancoraggio, quindi si usano tutori (bloccano una talea alla volta) oppure griglie (bloccano più talee). Se si vuole ottenere una riforestazione immediata ci vorrebbe una densità di 50 talee a mq ma i costi sono lati (per un ettaro è necessario un miliardo di lire) si tende ad usare una disposizione a chiazza (la spesa è intorno ai 300 milioni). Fondamentale è anche la disposizione delle talee: quella migliore è quella alternata con la distanza tra le talee non maggiore di 20 cm, ma se il substrato è molle la distanza va ridotta a 5-10 cm. Fondamentale è anche il periodo del prelievo: la stagione varia a seconda del materiale. Se si usano i rizomi plagiotropi, che sono più abbondanti e meno sensibili e quindi hanno una mortalità minore, il periodo di raccolta è la primavera, per i rizomi ortotropi si sceglie l’autunno.

Con le zolle il costo è praticamente il doppio rispetto a quello con le talee e il tempo di risposta è molto più lungo.

 

Le osservazioni durante l’esperienza:

(di Michele Abbondanza)


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 La mia personale esperienza parte nella primavera-estate 2004 in cui è stata osservata, su tutte le coste dell'Italia, un notevole spiaggiamento di semi di Posidonia oceanica. Ho utilizzato semi spiaggiati provenienti dalla costa Toscana spediti cortesemente da Francesco Cagiada, socio Aiam, che si è preso cura della spedizione fatta con molto riguardo. I semi erano circa 150 di grandezze diverse. Alcuni erano già in stato di deterioramento e sono stati scartati subito.

I semi sono stati immessi in tre vasche separate con differenti condizioni fisico-chimiche. Una vasca della capienza di 130 litri lordi adibita a biotopo di comunità riproducente un biotopo infralitorale superiore sabbioso. Luce 0,36 watt per litro effettivo d’acqua. All’inizio questo è stato uno dei parametri di cui ero fortemente in dubbio. La luce. Su tutti i testi viene consigliato ed applicato un maggior numero di watt/litro, ma è probabile che lo sviluppo dei semi non richieda molta luce. Non posso, non avendone prove scientifiche, confermare questo e sostenere invece che nella fase di crescita oltre all’anno abbiamo più bisogno di luce che di nutrienti.

La seconda vasca è una 40 litri lordi adibita a questo scopo. Luce 0,37 watt/litro. In questa piccola vasca ho avuto parecchi problemi legati al filtraggio. I semi sono comunque cresciuti come nell’altra vasca. Invece ho notato un maggior numero di semi che non sono riusciti a produrre foglie e rizomi.

In un primo momento ho inserito nelle tre vasche i semi compresi del pericarpo, la parte esterna che contiene il seme vero e proprio. Ho appurato che questa parte, essendo molto succosa come un frutto, mi dava problemi d'inquinamento nelle vasche. Si diffondeva inoltre nella stanza dove erano posizionati gli acquari un intenso odore dato proprio del deterioramento del pericarpo in acqua. Ho quindi deciso, in un secondo momento, di "forzare" l'apertura delle olive di mare togliendo il seme interno. Ho anticipato questa fase, oltre per i problemi d’inquinamento, anche per il fatto che ormai il pericarpo era quasi del completamente aperto per tutti i semi.

Comunque ho rilasciato, in modo naturale, i semi dalla superficie dell’acqua. Si sono posizionati, non forzandoli quindi sopra la sabbia.

Alcuni semi non hanno tardato a "gettare" le  prime foglie. Però in quasi tutti i casi è stata proprio la foglia a germogliare per prima, è probabile che questo sia un fatto che avviene anche in natura. Invece la parte radicale è germogliata in un secondo momento. Questa è una situazione che si verifica anche in natura ed è riconducibile alla sopravvivenza della pianta che consente di accrescere le possibilità di diffusione in condizioni diverse. Da studi effettuati si rileva che un giorno di permanenza del seme all'asciutto non pare avere conseguenze letali per l'accrescimento. Invece diversi giorni possono danneggiare il seme compromettendone lo sviluppo. (Cnr)

In acquario dovrebbe essere evitato, per un'esperienza del genere, qualsiasi crostaceo i quali possono danneggiare i semi. Personalmente ho dovuto allontanare tutti i paguri i quali hanno causato su alcuni semi delle grosse lacerazioni. Inutile dire che questi semi non hanno terminato il loro periodo vegetativo.

In tutto il tempo i semi hanno generato radice e foglie in misura diversa per quantità e per qualità. E' probabile che questo sia un fatto naturale comune alla maggior parte dei semi in natura. Quindi è possibile dedurre che i semi si comportano in acquario come in natura. Lo sviluppo delle foglie, dopo un primo getto, si è quasi bloccata favorendo l'allungamento delle radici. Dopo circa due mesi, due mesi e mezzo, le radici hanno smesso la crescita favorendo quello delle foglie. Questa condizione è stata possibile verificarla in quanto non tutti i semi erano insabbiati. La causa di questi continui spostamenti erano due grosse ofiure che con il loro passaggio spostavano le piantine appena formate di Posidonia oceanica.

Quindi dopo i primi mesi ho avuto una piccola prateria di Posidonia oaceanica.

 

Le osservazioni di Antonello Cau: clicca qui per il documento

 

Le osservazioni di Giovanni Camera Roda: (in preparazione)

 

Conclusioni:

Dopo circa sei mesi alcune foglie, pare le più piccole, sono degenerate. L'accrescimento generale pare rallentato. Tutte le foglie, dei vari semi, non hanno una crescita simile. 

Oggi dopo otto mesi le foglie sono lunghe circa venti centimetri, e le nuove foglie crescono come in natura dalla parte interna lasciando cadere quelle esterne. Molte foglie sono cadute.

Le piante paiono insediate in maniera ottimale. Il seme, con la parte radicale, risulta sotto la sabbia e le foglie appaiono in tutto il loro fulgore. E’ chiaro che in un’acquario amatoriale non si potrà ricreare una vera prateria, soprattutto per i sopra citati tempi che sono propri della Posidonia oceanica.

Al nono mese le piante appaiono ben inserite in vasca, essendo anche in natura l’epitifismo una costante della pianta, questo fenomeno non si discosta in vasca. Naturalmente con le dovute differenze. Nella mia vasca però noto che si sono instaurate alcune alghe calcaree rosa. Inoltre appare evidente che un periodo di tempo abbastanza ristretto, non si è superato l’anno, per le osservazioni di crescita possano risultare non complete.

Nonostante sia vero che tutti i semi di Posidonia oceanica spiaggiati vengono trasformati da organismi della sabbia ed agenti atmosferici in prodotto riciclato dal mare, penso che questa esperienza possa far capire quanto sia semplice riuscire a far germogliare questa pianta. Avendo le caratteristiche in vasca ottimali è possibile dal seme generare la Posidonia oceanica.

E’ inoltre sempre possibile riuscire, dopo la germogliazione in vasca, ripiantare le piantine in mare come descritto sopra.

 

Bibliografia consultata:

  • Mar Mediterraneo – Guida alla flora e alla fauna – Angelo Mojetta – Edizioni White Star
  • Gli animali delle prateria a Posidonia oceanica – Atlante per il riconoscimento e l’identificazione delle specie. – Roberto Bendini – B&V editori Pontedera.
  • Guida pratica alla flora e fauna marina della Sardegna – V. Gazale, A. Porcheddu – Editrice archivio fotografico Sardo –
  • Il documento del Dott. Luca Colutta: clicca qui per il suo documento.

 

 

Ringraziamenti:

 

  • Giovanni Camera Roda: senza di lui non sarebbe mai partita la scintilla per questa bellissima esperienza. Lo ringrazio inoltre per aver concesso i testi delle sue osservazioni in merito alla germinazione
  • Francesco Cagiada:, si è preso la briga di raccogliere i semi e spedirli, senza di lui non poteva cominciare quest’avventura.
  • Antonello Cau:  un sentito ringraziamento và ad Antonello per avermi concesso le immagini e i testi della sua esperienza. 
  • Ilaria Gonelli:      un ringraziamento per avermi dato l’autorizzazione alla pubblicazione dei suoi studi.
  • Aida Mancuso:   un ringraziamento per le informazioni ricevute.
  • Luca Colutta:       per l'autorizzazione all'uso del suo documento.

 

Michele Abbondanza – ultima modifica 10 febbraio 2005

Ultimo aggiornamento Venerdì 11 Marzo 2011 22:11
 

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