Il ciclo dell'azoto nell'acquario marino Stampa
Scritto da Antonio Zofrea   
Venerdì 28 Gennaio 2011 00:16

nuvola

 

Un'articolo di Antonio Zofrea sulla complessità del ciclo dell'azoto nell'acquario marino.

 

 

 

In natura e nell’ acquario marino - L’azoto in natura è presente sotto varie forme sia in molecole organiche complesse (proteine) che in forma inorganica: ammoniaca (NH+4/NH3) , azoto biatomico gassoso presente nell’atmosfera (N2), nitrati (NO-3) prevalenti nel suolo. L’azoto atmosferico N2 è una molecola molto stabile, poco reattiva chimicamente, nonostante ciò in natura può essere convertito in azoto ammoniacale (NH3) in due modi:

  • Fissazione chimica: Reazione di riduzione attraverso raggi cosmici e fulmini che forniscono l’energia necessaria per far reagire la molecola di N2 con l’idrogeno dell’acqua e con l’ossigeno dell’aria per formare rispettivamente ossidi di azoto (NOx) e ammoniaca (NH3).
  • Fissazione biologica: Un particolare enzima presente in alcuni ceppi batterici, la nitrogenasi scinde i legami della molecola N2 per formare azoto ammoniacale Si diffondono così nell’ambiente piccole quantità di azoto fondamentali per lo svolgersi del ciclo.

Un’altra fonte di ammoniaca in natura sono gli organismi morti e gli scarti del metabolismo animale. Batteri ammonizzanti (nel suolo anche funghi) “spezzettano” (idrolizzano) le proteine e gli amminoacidi presenti nella biomassa in via di decomposizione e nelle deiezioni animali. Questo processo porta all’eliminiazione di ammoniaca, acido urico e urea e vengono prodotte anche anidride carbonica (CO2) e acqua. I batteri ammonizzanti sono deputati solo all’idrolisi delle proteine e non sono da confondere con i batteri nitrificanti che si occupano  di trasformare l’ammoniaca. Nei pesci ossei l’ammoniaca viene eliminata come tale (animali amminotelici), nei vertebrati terrestri come urea (animali urotelici) in uccelli, insetti e rettili come acido urico (animali uricotelici). L’ammoniaca è tossica per tutti gli organismi viventi, specialmente se presente totalmente nella forma neutra NH3 , questo succede a valori di PH alcalini (10-12). A valori di PH= 7,5 quasi tutto l’azoto ammoniacale è presente sotto la forma carica NH+4 assai meno pericolosa, mentre al PH caratteristico dell’acquario marino (8,1-8,4) avremo circa il 12 % dell’azoto ammoniacale sotto la forma più tossica di NH3.

 

Nitrificazione

L’ammoniaca, vista la tossicità, deve essere velocemente trasformata, di questo si occupano i batteri nitrificanti diffusi nel suolo e nelle acque. La nitrificazione consiste in una ossidazione dell’NH3 a nitrito NO-2 , attraverso gli intermedi idrossilammina (NH2OH) , protossido di azoto (N2O), monossido di azoto (NO), in seguito un altro gruppo di batteri ossida il nitrito a nitrato NO-3 . Si tratta di un processo strettamente aerobio, avviene solo in presenza di O2 , i batteri preposti a tale compito ottengono da queste ossidazioni l’energia necessaria per la sintesi di composti organici sia fissando CO2 come sorgente di carbonio (autotrofi obbligati) sia espellendola (eterotrofi). L’energia associata al singolo processo di nitrificazione è molto piccola quindi per le loro necessità metaboliche i batteri devono trasformare grandi quantità di materia. I batteri nitrificanti più diffusi sono Nitrosomonas e Nitrobacter, abitano suolo, acque dolci e marine a PH non inferiori a 5,5 e in un intervallo di temperature tra 5 e 35° C (temp. ideali 25-30°C).

 

Reazioni di nitrificazione

NH+4 +  3/2 O2 → 2H+ + NO-2 + H2O  (ossidazione di ammoniaca a nitrito)   (1)

Questa reazione avviene in due stadi:

NH+4 + 1/2 O2 → NH2OH  +  H+ (NH2OH)= (idrossilammina)

NH2OH + O2 →  H+ + H2O  +  NO-2

La trasformazione del nitrito a nitrato avviene in un unico stadio:

NO-2 + 1/2 O2 → NO-3 (ossidazione di nitrito a nitrato)  (2)

 

Denitrificazione

La denitrificazione consiste nella riduzione di nitrato (NO-3) ad azoto molecolare gassoso N2 , attraverso gli intermedi nitrito (NO-2) e protossido di azoto (N2O). I batteri denitrificanti in condizioni anaerobie (eseguono il processo solo in assenza di O2) usano il nitrato come accettare di elettroni  e ossidano molecole organiche (CHO)n a anidride carbonica (CO2) e acqua. I prodotti gassosi che si formano N2 e CO2 vengono dispersi nell’atmosfera e così la denitrificazione permette all’azoto di tornare nel ciclo. Sono denitrificanti alcune specie di batteri dei generi Pseudomonas, Thiobacillus, Paracoccus che possiedono enzimi come la nitratoriduttasi e la nitritoriduttasi la cui sintesi è bloccata in presenza di ossigeno.

 

Reazioni di denitrificazione

Reazione globale:

5C6H12O6 + 24 NO-3 → 30 CO2­ +  24OH- +  18H2O  +  12 N2­ (3)

Materia organica di partenza nell’esempio il glucosio

 

Riduzione assimilativa del nitrato

Lo ione nitrato oltre ad essere trasformato in azoto e chiudere il ciclo omonimo viene anche sfruttato come “nutriente” da alghe e piante superiori. Queste lo incorporano in molecole organiche (organicazione) dopo averlo ridotto ad ammoniaca attraverso un passaggio intermedio con formazione di nitrito. Le reazioni sono catalizzate da due enzimi detti nitratoriduttasi e nitritoriduttasi .

 

 

ciclo_azoto

Il ciclo dell’azoto nell’acquario marino

In questa sezione verranno trattati i sistemi di filtrazione più diffusi che consentono lo sviluppo dei batteri responsabili del ciclo dell’azoto, non sono presenti i sistemi poco usati o troppo moderni (es. Miracle Mud o Tyree) a causa della difficoltà di reperire informazioni sul loro chimismo. Nel nostro piccolo ecosistema domestico esiste un ciclo dell’azoto ma vi sono delle sostanziali differenze a seconda dei vari metodi di gestione. Rispetto allo schema sopra indicato mancano in ogni caso la fissazione chimica e batterica di N2 ad ammoniaca NH3 e la sintesi chimica del nitrato NO-3 poiché non esistono le condizioni adatte per questo tipo di trasformazioni. L’ammoniaca/ammonio nel nostro acquario provengono dalla decomposizione di materiale organico (es. mangimi o altri alimenti non consumati o organismi morti) e dalle deiezioni di pesci e invertebrati, a questo punto alcune reazioni viste sopra possono o non possono avvenire a seconda dei sistemi di filtraggio usati. N.B. = Il chimismo dei sistemi di filtraggio di cui si discute è molto complesso, in questa trattazione è  limitato solamente ai composti dell’azoto.

 

Filtro biologico classico a comparti e percolatore

Questo tipo di filtro è riempito di materiali (cannolicchi, bioballs..etc.) che garantiscono una enorme superficie adatta all’allevamento di  numerosissime colonie di batteri. L’acqua al suo interno circola costantemente, mossa da una pompa o per caduta nel percolatore, quindi è ricca di ossigeno; queste condizioni (grande superficie e ricchezza di O2) sono ideali per concentrare in esso miriadi di batteri nitrificanti del genere Nitrosomonas e Nitrobacter responsabili quindi  delle reazioni chimiche (1) e (2). Questi processi strettamente aerobi portano alla formazione di nitrato NO-3 e all’espulsione di CO2 da parte delle colonie di microrganismi (di solito eterotrofe). A questo punto per “chiudere” il ciclo e trasformare il nitrato in azoto molecolare N2 si dovrebbero istaurare, in alcuni punti della vasca, condizioni anaerobie in modo da favorire lo sviluppo di batteri denitrificanti. In caso contrario si rischia l’accumulo di nitrati che sono  poco tossici (sempre non oltre i 100-200 ppm)  ma possono favorire lo sviluppo incontrollato di alghe indesiderate (filamentose….etc.).

 

In conclusione si può dire che il filtro biologico tradizionale e il percolatore sono efficienti nei passaggi :

NH3/NH+4 → NO-2 → NO-3

 

Ma accumulano lo ione nitrato. Una soluzione per eliminare il nitrato è data dal filtro ad alghe oppure da un Refugium. Si può allestire , all’interno della stessa vasca principale o in una vasca a parte collegata (Refugium), un allevamento di macroalghe a crescita rapida (Caulerpa ad es.) che assorbono il nitrato attraverso il processo di riduzione assimilativa, in questo modo vengono assorbiti i nitrati pur senza arrivare alla “chiusura” del ciclo con formazione di N2.

 

I problemi legati a questo metodo sono:

 

  • Quantità di alghe da allevare: Per avere degli effetti reali sull’accumulo di nutrienti azotati    la superficie “coltivata” ad alghe dovrebbe essere superiore a quella della vasca principale, questo fattore implica mediocre efficienza di un filtro ad alghe creato nella vasca principale.

Va sicuramente meglio il Refugium che consente di allevare una biomassa algale         notevolmente maggiore senza che venga disturbata da organismi alghivori, ma pone problemi di spazio.

 

  • Decomposizione delle alghe morte: Perché la riduzione dei nutrienti abbia effetti reali e duraturi la crescita delle macroalghe deve essere “esplosiva", cioè il rapporto: alghe in crescita/alghe morte in decomposizione deve essere molto alto in modo da evitare che il rilascio dei nutrienti oltrepassi il loro assorbimento.

Per questo motivo i valori del fotoperiodo devono partire da 12 ore in su , costringendo così le alghe ad essere più in fotosintesi che in respirazione. Inoltre per favorire il processo di riduzione assimilativa sarebbe conveniente aggiungere qualche oligoelemento , ad esempio la nitratoreduttasi ha bisogno  di molibdeno per l’utilizzazione del nitrato. Anche piccole quantità di ferro sarebbero gradite. Attenzione però che il dosaggio di questi oligoelementi non è semplice, quantità elevate potrebbero nuocere a tutti gli organismi marini.

 

Metodo Berlinese

Metodo ormai famoso per l’allevamento di coralli duri e molli SPS e LPS che necessitano di acque povere di nutrienti. Consiste nell’allestimento di vasche contenenti ingenti quantitativi di rocce vive, circa 1 kg ogni 5 L di acqua , forte movimento , 10-20 volte la capacità della vasca, quasi totale assenza di sabbia che accumulerebbe nutrienti, uso di schiumatoi molto performanti, aggiunta di calcio e oligoelementi, fortissima illuminazione. Il ciclo dell’azoto nelle vasche condotte con questo metodo avviene principalmente nelle rocce vive biogene. Quelle tropicali hanno una porosità molto adatta alla crescita di miliardi di batteri che si concentrano su di esse più che in altre parti della vasca. Sulla superficie più esterna, nelle zone aerobie, si sviluppano le colonie di batteri nitrificanti, responsabili delle reazioni (1) e (2); nelle parti interne alla roccia, in condizioni anaerobie si formano colonie di batteri denitrificanti , responsabili della reazione (3).

Il ciclo quindi si chiude con la formazione di azoto biatomico N2.

Per quanto l’azione delle rocce vive sia efficace nella trasformazione dei composti azotati non consente di smaltire tutto il carico organico se non in vasche allestite da molti anni e particolarmente equilibrate nella loro biodiversità o con una quantità di organismi limitata, è richiesto così l’aiuto di una filtrazione meccanica aggiuntiva come quella di potenti schiumatoi (coadiuvati dal movimento dell’acqua) che consentono di estrarre dall’acquario grosse molecole proteiche di rifiuto prima che vengano trasformate dai batteri. Come si può notare dalla reazione (3) c’è uno zucchero che viene ossidato a CO2 e viene usato come fonte di elettroni per ridurre il nitrato ad azoto (N2), i batteri denitrificanti hanno bisogno di molecole dalle quali “prelevare”elettroni per “trasferirli” sull’azoto.

Alcuni composti del carbonio (ad es. alcool etilico oppure glutammato) si sono rivelati utili da aggiungere in vasca  nella moderna gestione del Berlinese in modo da fornire un substrato ai batteri per questo tipo di reazioni. Anche in questo caso le dosi devono essere attentamente ponderate per evitare enormi proliferazioni batteriche.

 

DSB (Deep Sand Bed)

Metodo di filtrazione molto usato negli Stati Uniti che consiste nella realizzazione direttamente in vasca, in un Refugium (vasca a parte collegata) o in vasca tecnica (sump), di uno strato omogeneo alto 10-15 cm di sabbia fine (sugar size), non importa di che materiale sia basta che non contenga sostanze tossiche per l’ambiente marino. Dopo un periodo di maturazione all’interno della sabbia si sviluppa  una ricca fauna composta da piccoli vermi e crostacei oltre a popolazioni diversificate di batteri, poiché lo spessore alto dello strato consente l’istaurarsi, in diversi punti dello stesso, di differenti condizioni chimico-fisiche:

Strato più superficiale: Condizioni aerobiche quindi tenore alto di O2, potenziale redox elevato; si tratta dell’ambiente ideale per lo sviluppo delle colonie batteriche nitrificanti del tipo Nitrosomonas e Nitrobacter , responsabili dei processi ossidativi (1) e (2) a carico dell’azoto ammoniacale con formazione di nitrati.

Strato più profondo: Condizioni di anossia quindi tenore di O2 molto basso, potenziale riducente; questa parte del DSB viene colonizzata da batteri denitrificanti che attraverso la reazione (3) riducono il nitrato ad azoto gassoso N2, che salirà verso lo strato di sabbia superficiale, visibile sotto forma di piccole bollicine.

N.B.= Il nitrato che si forma nella parte superficiale della sabbia passa nella parte più profonda tramite processi di “diffusione”.

Questi sono generati da un gradiente di concentrazione di NO-3 differente fra i due strati che la migrazione del suddetto ione tende a uniformare. La “diffusione” è facilitata dalle  piccole gallerie che la fauna interstiziale scava nella sabbia (copepodi, anellidi vari). Quindi nel DSB il ciclo dell’azoto viene “chiuso” come accade nelle rocce vive del Berlinese. Chiaramente all’interno dello strato di sabbia avvengono tantissime altre reazioni molto complesse, quelle descritte riguardano solo il “percorso” dell’azoto.

 

 

Antonio Zofrea

 

Legenda:

Ossidazione: Perdita di elettroni da parte di un elemento in una molecola

Riduzione: Acquisto di elettroni da parte di un elemento in una molecola

 

 

Note bibliografiche: “Introduzione alla chimica ambientale” di Bruno Rindone, Città Studi Edizioni, ristampa  2000

 

 


Non ripubblicabile senza il consenso dell'autore

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 28 Settembre 2012 22:17
 

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