RITORNO AL MARE: Posidonia oceanica |
Scritto da Federico Betti |
Lunedì 06 Giugno 2011 10:01 |
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Posidonia oceanica, spesso classificata frettolosamente come un’alga, è in realtà una pianta superiore, ossia un organismo dotato, come le piante terrestri, di radici, fusto, foglie, fiori, frutti e semi; e in effetti, Posidonia oceanica, così come altre specie di piante marine, è nata proprio da una pianta terrestre.
La vita vegetale, a partire dai primi batteri in grado di compiere la fotosintesi, si è sviluppata nel mare, da cui le piante primitive sono uscite per colonizzare la terraferma. Oltre 150 milioni di anni fa, durante l’epoca dei dinosauri, alcune di esse hanno però effettuato il percorso inverso, tornando al mare che avevano abbandonato in epoche più remote, e adattandosi alla vita sommersa; queste piante erano le progenitrici delle attuali fanerogame marine, ossia della sessantina di specie che colonizzano molti mari tropicali e temperati. Di queste, solo cinque vivono nel Mar Mediterraneo: Posidonia oceanica, Cymodocea nodosa, Zostera marina, Zostera noltii e Halophila stipulacea. Sono tutte piuttosto simili tra loro (solo Halophila stipulacea è facilmente distinguibile dalle altre in immersione, in virtù delle foglie più corte) e nei confronti delle specie presenti in altri mari. In particolare, Posidonia oceanica possiede un fusto legnoso, strisciante sul substrato, che prende il nome di rizoma; da esso si dipartono le radici, che hanno funzione di ancoraggio e di assorbimento dei nutrienti, e le foglie.
Le foglie sono nastriformi, larghe un centimetro e lunghe fino ad un metro, con venature parallele. Il colore è in genere verde vivace.
Durante il periodo autunnale, compaiono i fiori, poco appariscenti (in mare non ci sono insetti da attirare!), ermafroditi, che vengono fecondati dal polline portato dalla corrente. Da essi si sviluppano i frutti, che prendono il nome di "olive di mare" per la loro somiglianza con le olive terrestri, e che vengono rilasciati nella colonna d’acqua. Lo strato oleoso che circonda il seme al momento del distacco dalla pianta permette la risalita in superficie ed il galleggiamento in balia delle correnti, fino a ché questa pellicola non si dissolve, favorendo la discesa del seme verso il fondo.
Le praterie di Posidonia oceanica si trovano da uno a circa trentacinque metri di profondità, su fondali sabbiosi; il limite inferiore di distribuzione dipende dalla quantità di luce che arriva al fondo. Come già accennato in altri articoli, le praterie di Posidonia costituiscono un vero e proprio habitat per moltissime specie che vivono come epifiti sulle foglie, o si muovono fra i rizomi, e che passano tutto il loro ciclo vitale o parte di esso all’interno delle praterie.
Purtroppo però le praterie sono attualmente in regressione, a causa dei fattori più disparati: oltre all’effetto di Caulerpa (v. l’articolo “L’avanzata dell’alga tropicale”), i danni più grossi sono causati dagli ancoraggi di imbarcazioni, che estirpano intere piante, dall’inquinamento costiero e dalle opere umane che aumentano i tassi di sedimentazione, riducendo la quantità di luce a disposizione delle piante.
Il fenomeno dell’erosione costiera, che sta portando alla riduzione delle spiagge, è parzialmente dovuto anche alla graduale scomparsa delle praterie vicino alla costa di Posidonia oceanica, la quale con i suoi rizomi stabilizza il sedimento evitando che le correnti lo portino via, e con le foglie riduce l’impatto del moto ondoso.
Nel nostro piccolo, possiamo prestare un po’ di attenzione al momento di gettare l’ancora, evitando di posizionarci al di sopra di Posidonia oceanica, e con un solo gesto contribuiremo alla salvaguardia di una pianta, di un habitat e di tutte le specie che vi si trovano o che da esso dipendono, e delle nostre coste. Ne vale la pena.
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Ultimo aggiornamento Lunedì 06 Giugno 2011 10:34 |